martedì 6 febbraio 2018

Francoforte, Paperworld e quella stronza di Clara


È capitato che un lo scorso weekend io sia stata a Francoforte. No, dai, non è capitato stavolta, era una cosa organizzata da tempo e con uno scopo ben preciso. Che non era quello di andare finalmente a vedere la città che ha dato i natali a quella stronza di Clara (l’amica di Heidi che si faceva comprare le amiche dal padre), ma di partecipare a Paperworld, la fiera della carta, della cancelleria, DELLA VITA.
Non ci sono andata a caso o perché sotto sotto sono una vera cartopazza (beh, quello in realtà lo sono, ma è un’altra storia), ma per un motivo preciso, per un progetto segreto, come dicono quelle brave. Che in realtà non è sto gran segreto, ma intanto ci stiamo lavorando. Dico “ci” perché in realtà la mente di tutto questo è mio fratello. 
Quindi siamo partiti da Treviso con un volo Ryanair, pagato la roboante cifra di euro diciannove andata e ritorno. Avendolo pagato così poco non potevamo pretendere che fosse anche in orario, quindi siamo arrivati in ritardo. Il poveretto che doveva consegnarci le chiavi del nostro Airbnb era sulle spine perché doveva tornare al lavoro, quindi una volta giunti a destinazione ci ha lanciato le chiavi, spiegato un paio di cose (tipo come scassinare la porta del bagno con un pratico coltello nel caso si bloccasse) e poi è fuggito via. E l’appartamento com’era? Posizione eccellente, molto centrale, ma era, come dire, ESSENZIALE. Del tipo che non c’era neanche un tavolo vero su cui mangiare. O degli asciugamani. Però c’erano dei calici da vino. Insomma, la vita è fatta di priorità.
Mancavano anche altre cose, ma ci arriverò più avanti.

Siamo andati a fare un giro per il centro della città e l’impressione che ho avuto è stata quella di un mix tra vecchio (non molto vecchio però, la città è stata bombardata durante la seconda guerra mondiale e quasi tutto il centro è stato distrutto) e nuovo (grattacieli con vetri a specchio, torri, centri commerciali super moderni). Abbiamo visto il Römer, il municipio caratteristico a cui non sono riuscita a scattare una foto decente perché era già buio, e la sua piazza con degli edifici davvero carini. 

Abbiamo visto da fuori anche la casa di Goethe, scoprendo che è stata presa a modello per disegnare la casa di quella stronza di Clara di cui sopra. Ma per davvero!
Dopo aver girato un po’ senza meta abbiamo puntato una sana birreria in cui mangiare e da cui salutare con la manina la mia dieta. Il locale, con molta originalità, si chiamava Paulaner e serviva carne cucinata in svariati modi, la mia scelta è ricaduta sul maiale con sopra formaggio, cipollotto e altra roba, con patate condite con altro maiale (pancetta) e cipolle, poi però un’insalatina per sgrassare. L’insalata non l’ho finita.

Prima di andare a letto avrei voluto camminare per 15 chilometri per digerire, così siamo finiti da Primark. Com’è, come non è, sono uscita da lì con una spesa del tutto sensata che mi è costata un totale di venti euro: una mascherina per dormire a forma di unicorno, un phon da viaggio color nero e bronzo e, soprattutto, un cuscino ergonomico di dimensione pari a centimetri 40x70. Perché, dovete sapere, all’appartamento mancavano anche dei cuscini decenti per dormire. Molto bene.

Il giorno successivo è stato il giorno della fiera: ho fatto il pieno di informazioni, di esclamazioni “Ma siete di Venezia? Amazing!”, di idee, di contatti, di bellezza (che Iddio benedica la cancelleria!). Con discreta mestizia devo invece ammettere che non ho fatto il pieno di omaggi. Alla fine qualcosa ho portato a casa, ma ero partita con l’idea di imbarcare una valigia apposta. Ecco, no. Ma va bene lo stesso dai. Non era quello lo scopo. 
Per fortuna non si poteva comprare niente al dettaglio, altrimenti sarebbe finita male, malissimo. Paperworld è una fiera pensata per le aziende, non per i privati, quindi non consiglio il viaggio a chi non ha un business a tema. 
 Con lo stesso biglietto si poteva anche accedere a Creativeworld (cartopazze level pro, pennini, stencil, bombolette spray, pennelli, tempere, robe) e a Christmasworld (il mio padiglione preferito è stato quello delle luminarie, dirò solo carrozza luminosa di Cenerentola alta 10 metri).
È stata un’esperienza davvero positiva.

La città di Francoforte purtroppo non l’ho potuta visitare più di tanto, il tempo era davvero ristretto. Però, se per caso vi trovate in zona, vi consiglio di prendere la Frankfurt Card per poter salire su tutti i mezzi e per sconti in musei e negozi. 

Per concludere il weekend con il brivido mio fratello ha pensato bene di dimenticarsi su una panchina dell’aeroporto una borsa (con dentro, tra le altre cose, la tazza di Starbucks per la mia collezione) e di ricordarsene subito dopo aver passato i controlli di sicurezza. Che pazze risate. Ha dovuto chiedere a un simpatico militare dotato di mitra di accompagnarlo all’uscita (“Ma poi posso rientrare con la stessa carta d’imbarco?” “Ma certamente!”), ha per fortuna trovato la borsa ma, pensa un po’, la carta d’imbarco non funzionava più per entrare. Io sono sbiancata, ho perso 8 chili, mi è venuta la tachicardia e ho cercato di escogitare un modo per farlo passare di nuovo tipo comprando un biglietto a caso per una destinazione random. Mio fratello invece è sparito per i meandri dell’aeroporto, pacifico, ed è riemerso dopo un po’ con una carta d’imbarco funzionante, mentre io l’ho chiamato tipo 80 volte nel panico.
Per fortuna è finita bene. Per fortuna non tutti sono ansiosi come me.
Io, comunque, sono riuscita a far stare nel bagaglio a mano il cuscino ergonomico di centimetri 40x70. Eroina.

Vi saluto, ci sentiamo alla prossima avventura.
Ma forse anche prima.

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