martedì 8 novembre 2016

Giappone, le cose importanti: shopping

Io mi sono sempre considerata (a parte un folle periodo sui 15 anni) una persona moderata e con senso della misura per quanto concerne lo shopping. Non sono una pazza che esce e torna a casa con 15 borsette piene di vestiti, cosmetici e quant'altro. No, non lo sono.
Ecco, in Giappone ho perso il senno. Non riuscivo a smettere di comprare roba.
Non so come spiegarvelo senza passare per cretina, ma costava tutto così poco ed era tutto così dannatamente carino e puccioso che IO DOVEVO COMPRARE. E, maledizione, l'ho fatto.

Uno dei grandi luoghi di perdizione, il posto supremo dove comprare cose inutili e senza alcun senso è Don Quijote. Io sono andata in quello di Shinjuku a Tokyo, credo sia il più grande. Sono piani e piani di roba che va dai calzini di Hello Kitty, alla tutona intera di Pikachu, alla borsa di Hermès. Capite? SENZA UN CAZZO DI SENSO. È aperto 24 ore su 24, entri e non sai quando uscirai. La cosa più idota che ho preso lì (ma è una bella lotta con le altre) credo sia la maglietta da allenamento di Goku di Dragon Ball per mio fratello. Ovviamente quando gliel'ho data è impazzito.

In realtà comunque non serve neanche cercare i negozi di cose carine, sono tutti commoventi.
A Kyoto sono entrata per caso in un centro commerciale che si chiama Loft e ho perso il cervello. Lì ho preso - tra le altre cose - la mia nuova meravigliosa tracolla per la macchina fotografica rosa a pois bianchi. E ho stampato un sacco di foto! C'erano queste postazioni in cui si poteva collegare il telefono o inserire la scheda della macchina fotografica e stampare le foto facendo collage, mettendo sfondi carini e colorati, inserendo scritte. E costavano pochissimo.

Nei miei infiniti giri ho lasciato praticamente perdere i vestiti, a parte un paio di magliette; i miei acquisti si possono suddividere in tre grandi categorie: make up, cancelleria e varie

MAKE UP

C'erano questi negozi, tipo i nostri Tigotà per capirci, ma infinitamente più fighi, che vendevano le cose più meravigliose a davvero poco prezzo. Ho scoperto che le giapponesi hanno una leggerissima fissazione per i punti neri sul naso, ci sono reparti interi dedicati solo a quello: maschere peel off, cerottini, creme, roba che non ho capito cosa fosse.
La cosa più strana e meravigliosa che ho preso è il già citato eyeliner a forma di scettro lunare di Sailor Moon, non ci sono dubbi. Poi però ho anche comprato delle cose che dovrebbero essere degli impacchi per i piedi, ma non ne sono veramente certa. E degli impacchi idratanti per le dita delle mani. E un trattamento in due fasi per il naso. Forse, e dico forse, mi sono lasciata prendere un po' la mano con le maschere in tessuto. È che costavano così poco! Prima o poi le userò tutte, dai. E ovviamente ho anche preso la maschera per i piedi che fa il peeling, mia mamma l'ha già provata ed è eccezionale. Viene via tutta la pelle tipo serpente. 
Potrei descrivervi nei dettagli tutta la roba a tema make up che ho comprato, ma poi dovrei proprio uccidervi.

CARTOLERIA

Washi tape che costavano meno di un euro! Adesivi con gattini arrabbiati! Penne multicolori! Post it con gli alpaca! Mini fustelle con fiori di ciliegio! Timbrini! Insomma, il paradiso. A parte la già citata cartoleria Itoya di 12 (DODICI) piani, si trovavano cose bellissime ovunque. Non finirò mai tutto quello che ho comprato. Anche perché certe cose mi dispiace usarle.
Qui una foto esemplificativa ma assolutamente non esaustiva dei miei acquisti di cartoleria:

VARIE

Come potrei non parlare del souvenir dal Giappone per eccellenza? Ovviamente parlo dei Kit Kat ai gusti più strani. Io li ho presi al matcha, al lampone e alla zucca (a fine agosto erano già carichi come delle mine per Halloween, credo che neanche negli USA siano così invasati), ma solo perché non li ho trovati ad altri gusti.
La maglietta della vita, la maglietta di Sailor Mercury:
Poi portachiavi, la maglietta delle kurotamago (le uova nere), calzini con disegnati dei piccoli Monti Fuji, il sushi, i fiori di ciliegio, Hello Kitty, un personaggio che non ricordo, un altro personaggio che non mi sovviene probabilmente Rilakkuma (i calzini sono un altro souvenir tipico del Giappone e non sto scherzando), un cavo rosa per ricaricare il telefono con il pupazzino di Rilakkuma, le pellicole per la Instax Mini (se non le compri alla fonte, dove sennò?), dei cosi per fare le uova sode a forma di coniglio e di maiale, bacchette, le Tokyo Bananas, dei dolcetti buonissimi che cercano di venderti a ogni angolo a Tokyo, infine (per finta, perché altrimenti rimaniamo qua fino a domani) queste due pochette/portamonete/portacose che amo alla follia e che ho preso a Kyoto, anche se non ho ancora capito bene cosa farne:
 

Non sono meravigliose?
Bene, per oggi ho concluso, ma siccome sono passati quasi due mesi dal mio ritorno e non ne ho ancora abbastanza di parlarvi del Giappone, credo che scriverò un ultimo post di riepilogo. Portate pazienza.

Intanto posso solo dire viva il Giappone, viva lo shopping.

mercoledì 2 novembre 2016

Giappone, le cose importanti: cibo

(ovviamente il titolo è ironico)

Rieccomi, è tempo di parlare di cose serie, specifiche, fondamentali: come da titolo, roba da mangiare. Avevo scritto un post unico anche riguardante la roba da comprare, ma è risultato infinito, quindi lo dividerò in due puntate.

Se andrete in Giappone, mettetevela via: spesso, spessissimo, non avrete idea di quello che starete mangiando. La cosa meravigliosa è che nei menù ci sono praticamente sempre le foto del cibo, ma soprattutto nelle vetrine dei ristoranti ci sono le rappresentazioni in plastica dei piatti. In Giappone quella della creazione del cibo finto è una vera e propria arte, ci sono negozi specializzati solo in questo.
Però, lo stesso, troverete sempre nel piatto cose che BOH. Ma non avrà importanza, perché fondamentalmente è sempre tutto da buono a buonissimo. Mi è capitata solo una volta di prendere cibo così così ed è stato un bento comprato in saldo una sera alla stazione. Non ero troppo convinta, ho proprio sbagliato io.
A proposito di bento, anzi, per la precisione di ekiben: sono i pasti "in scatola" pronti che si comprano alla stazione e che si mangiano di solito durante un viaggio in treno. Ogni zona ha i suoi piatti tipici che vengono inscatolati in modo carinissimo e colorato. Bento ovviamente non è solo questo, i giapponesi li preparano anche da sè senza comprarli già pronti.

Dobbiamo parlare sicuramente di sushi, ne ho mangiato parecchio e non l'ho mai instagrammato. Mi dovrebbero chiudere d'ufficio il profilo. Comunque non mi pare il caso di partire col pippone "Ah che buono il sushi in Giappone", credo sia superfluo. Vi parlerò invece di quando sono andata a mangiare in un ristorante a Kyoto in cui, al posto del classico nastro trasportatore tipico dei ristoranti kaiten-zushi, i pezzi di sushi mi arrivavano in un modo estremamente sensato: con un piccolo treno shinkansen. E io lì a continuare a ordinare sushi a caso solo per saltellare sulla sedia e urlare "Il treno, arriva il treno, uiiii!".
Il sushi si poteva ordinare da uno schermetto senza alcun contatto con altri esseri umani QUESTA È CIVILTA'.
Trovare questo posto è stato un po' complicato perché non era in centro, ma un'altra sede dello stesso ristorante in centro a Kyoto non aveva il treno, che truffa.

Un'altra esperienza da fare è quella di andare a mangiare il ramen. Per prima cosa perché è buonissimo (almeno, nei due posti dove l'ho mangiato io) e poi perché è una prova di coraggio. La prova consiste nel resistere e non impazzire mentre ti trovi in mezzo a giapponesi che per tutta la durata del pasto non faranno altro che risucchiare rumorosamente spaghetti e zuppa e tirare su col naso. Risucchia - tira su col naso - risucchia - tira su all'infinito. Ma comunque ne vale la pena. Mi sogno ancora il ramen di Tokyo, grazie Iaia per il consiglio.

Altra cosa da dire è che ho finalmente capito come si sentono i tedeschi quando noi li guardiamo - giudicandoli - mangiare pasta bevendo cappuccino.
Io sono sicura, sicurissima, di aver fatto delle stronzate mangiando. Chissà quanto avranno riso di me. Ma non davanti a me, sono troppo carini ed educati. Anche solo per mangiare il tonkatsu (maiale fritto) sarò sicuramente riuscita a fare cose che non si dovevano fare. Ma, in fondo, chi se ne importa.

La cosa più strana che ho mangiato è stata di sicuro il già citato piatto a base di yuba (pelle di latte di soia), piatto tipico di Nikko.
Tra le altre cose che ho ingurgitato con gioia annoveriamo: l'okonomiyaki di Kyoto e quello di Hiroshima (con dentro anche yakisoba, una leggerezza che ciao), le crêpe sobrie e per nulla dolci di Harajuku, i buonissimi taiyaki (i pescetti ripieni di crema o fagioli azuki o cioccolato o altro) anche a forma di Hello Kitty, i takoyaki, le polpettine tipiche di Osaka con dentro il polpo, il (o la? boh) yakisoba, spaghettoni di grano saraceno saltati sulla piastra insieme a... roba, non so bene cosa, la tempura, presa nel locale più unto di Kyoto una sera che avevo la nausea (perché fare cose sensate MAI) ma eccellente, e poi, per concludere altrimenti continuerò a elencarvi piatti giapponesi per sempre, gelati, biscotti, cioccolato, bevande di Starbucks, té, Kit Kat, dolcetti e chi più ne ha più ne metta, tutto quello che ho trovato a base di matcha. Ho ancora due pacchetti di Oreo al matcha e non ho coraggio di aprirli, sennò li finisco in un attimo.

Bene, ho concluso. Adesso vado a piangere in un angolo perché non posso mangiarmi una ciotolona di ramen proprio qui, proprio adesso. Giappone, io ti amo in generale, ma ti amo ancora un po' di più per il tuo fantastico cibo.

venerdì 21 ottobre 2016

Gite da Kyoto: Nara, Hiroshima e Himeji

Stiamo arrivando alla fine, oggi vi parlo delle gite che ho fatto mentre alloggiavo a Kyoto: Nara, Himeji, Hiroshima e Miyajima.

NARA
Cervi, cervi ovunque! Fine.



No, dai, scherzo. Comunque ci sono davvero un milione di cervi che scorrazzano tranquilli e liberi per i parchi. Una cosa impressionante, sembra di essere in una favola. Poi ci sono anche le cacche dei cervi ovunque e la favola si ridimensiona un attimo, ma ehi, pazienza. La gente dava anche loro da mangiare, io non ho mica avuto coraggio.
A Nara ci sono veramente un sacco di templi in mezzo ai parchi e, dato che non sapevo quali visitare, ho deciso di seguire l'itinerario suggerito dalla Lonely Planet, anche se con qualche difficoltà. Forse è stata colpa del caldo assurdo che mi ha bruciato i neuroni.







Il più famoso è il tempio Todai-ji, al cui interno c'è un Budda gigantesco.




Ho girato parecchio nonostante il caldo e per pranzo ho mangiato udon freddi in mezzo alla foresta.

Mi sono perfino imbattuta in un matrimonio!

Insomma, grandissimi cuori per Nara, meta imperdibile.

HIROSHIMA E MIYAJIMA
Andare a Hiroshima è stato come prendere un pugno nello stomaco. Forte.
Il lancio della bomba atomica lo studi a scuola, pensi "Oddio, che disgrazia", ma vedere dal vivo quello che è stato è proprio tutta un'altra cosa.
Sono scesa dal tram, pioveva forte e mi sono trovata davanti all'A-bomb Dome, la cupola che non è stata distrutta nonostante fosse piuttosto vicina all'ipocentro. È lì, spettrale e indistruttibile.

Poi il monumento a Sadako, la bambina che ha ispirato il libro "Il gran sole di Hiroshima". Sotto al monumento ci sono le gru origami lasciate dai bambini di tutto il Giappone e dalle persone di tutto il mondo in segno di pace.


In linea d'aria con l'A-bomb Dome ci sono una fiamma che arderà fino a quando al mondo ci saranno armi nucleari e il cenotafio per le vittime della bomba atomica, entrambi di Kenzo Tange.


Sono stata al Museo della Pace, dove tutto è raccontato nei minimi particolari ed è stato un colpo al cuore, allo stomaco, a tutto. Sono stata fisicamente male. È stato sconvolgente. Non ho fatto foto all'interno del museo, non mi è sembrato giusto.

Ho preso un tram per ragiungere il porto e spostarmi a Miyajima, un'isoletta poco distante da Hiroshima.
Anche qui ho trovato cervi liberi (molto meno snob e arroganti di quelli di Nara, a dirla tutta).
Ho mangiato un okonomiyaki e poi sono andata a visitare il santuario di Itsukushima e ho visto il famosissimo torii fluttuante (fortuna ha voluto che ci fosse alta marea, quindi fluttuava sul serio. Con la bassa marea si può raggiungere a piedi).





Ci sarebbe stato da visitare un parco raggiungibile con la funivia, ma pioveva forte ed ero stanca, quindi ho lasciato perdere. Ho fatto un giro per i negozi e ho mangiato una tortina a forma di foglia di acero, simbolo di Hiroshima.

HIMEJI
Prima cosa da dire: si va a Himeji solo per il castello, perché, sostanzialmente, c'è solo quello da vedere. Ma merita. 
Appena si esce dalla stazione il castello si vede subito, è in fondo al viale driiiitto davanti a voi. Io quindi ho pensato "Ma cosa vuoi che sia, la faccio a piedi". BELLA CAZZATA. Se ci andate d'estate, non siate stupidi come me, prendete un autobus. Perchè non è così breve come sembra e vi scioglierete durante il tragitto.
Anche perché poi vi aspetterà - rullo di tamburi - La Scalata Scalza del Castello. Dopo vari giri all'esterno (dove ci sono mille mila alberi di ciliegio che in primavera devono essere commoventi) si entra nel castello e ci si deve levare le scarpe. E cosa c'è dentro al castello da vedere? Fondamentalmente NIENTE. È vuoto. Però ci sono veramente tante, tantissime scale ripidissime da fare (sei piani) e se si indossano dei calzini, si rischia di volare via e rompersi il femore. Altra cosa, dentro fa un caldo ancora più assurdo che fuori. Perché aprire le finestre per fare un po' di corrente, in effetti? Meglio che la gente svenga!

Capite? Loro vi segnano la strada così. Come si fa a non amarli?
Le scale poco ripide.

Prima ho detto che dentro al castello non c'è niente e non è vero, in cima c'è un piccolo tempio presso il quale bestemmiare comodamente i santi shintoisti (o buddisti, perché fare distinzioni) di cui si è già parlato in un post precedente. 
La domanda importantissima è: vale la pena farsi tutta la scalata dentro al castello? Non ne sono del tutto certa. Magari con venti gradi in meno è più fattibile. Tutto il giro fuori dal castello comunque è bellissimo.

Compresa nel biglietto c'era anche la visita ai giardini botanici, carini ma un po' bruciacchiati dal caldo.
 




Una cosa importantissima che non ho nominato sono le mascotte. Ce ne sono ovunque. Ovviamente quella di Nara è un cervo, mentre quella di Himeji è proprio il castello. E niente, io mi sono comprata i pelouche. Non sono adorabili? C'è anche il Monte Fuji.

Bene signori, il foto racconto del mio viaggio si conclude qui. Avrei ancora qualcosa da dire riguardo lo shopping e il cibo, che dite, vado? Procedo? Fantozzi, vadi lei? Attendo lumi.
E magari anche un riassuntone finalone. Vedremo.

giovedì 13 ottobre 2016

Il mio viaggio da sola: Kyoto - parte seconda

Ecco, parliamo ancora di Kyoto. Io pensavo che fosse una cittadina relativamente piccola, invece sbam, un milione e mezzo di abitanti. Più di Milano.
Comunque il primo giorno intero a Kyoto mi sono diretta verso Arashiyama, nella zona ovest della città.
Per prima cosa ho visto i giardini del tempio Tenryu ji, carini, ma mi aspettavo qualcosa di meglio.




E poi la meraviglia: la foresta di bambù di Arashiyama. È qualcosa di incredibile, impressionante. Il bambù di questi alberi serve a fare tazze, stuoie e anche tatami (pavimentazione tipica giapponese).



Dalla foresta si può accedere ad un parco (a pagamento) che si chiama Okochi Sanso, giardino (enorme) di una villa un tempo appartenuta ad un attore giapponese del cinema muto, Denjiro Okochi.
Compresi nel biglietto c'erano un dolcetto e una tazza di té matcha (bere té bollente con una temperatura esterna percepita di 56 gradi, ma che bella idea!) da consumare nella casa da té all'interno del parco.







Sempre lo stesso giorno mi sono recata a vedere un'altra attrazione molto umile e per niente impressionante della parte ovest di Kyoto, ossia il tempio Kinkaku ji, detto Golden Pavilion.
E, sì, quello è oro vero.

Sono rimasta a fissarlo credo per dieci minuti, incredula. È uno spettacolo pazzesco.



Il giorno successivo diluviava e sono andata al Ginkaku ji, ossia il Silver Pavilion. Ma perché silver se non è d'argento? Perché l'idea iniziale sarebbe stata di ricoprirlo di foglia d'argento, ma il progetto non è mai stato portato a termine.

Questa scultura di sabbia rappresenta il Monte Fuji

Purtroppo gran parte del parco del tempio era chiusa a causa del brutto tempo (il tifone! sì, proprio lui!). Peccato. Almeno però non si moriva di caldo.

Ho imboccato il Sentiero del Filosofo, una stradina che costeggia un fiumiciattolo incorniciato da alberi di ciliegio (in primavera deve essere uno spettacolo) così chiamato perché si dice che Kitaro Nishida, un filosofo della prima metà del '900, fosse solito passeggiare proprio lungo questa stradina mentre rifletteva.


Lungo questo sentiero ho visitato il tempio Honen-in. Non c'era praticamente nessuno, grazie tifone.

Alla fine della passeggiata c'era il tempio zen di Nanzen ji, c'era anche una parte di un antico acquedotto. Il complesso era enorme, io ho visto quello che ho potuto, ero un po' stanchina.







Bene, finisce qui la mia parte del racconto relativo alla città di Kyoto. È stato un luogo che mi ha molto affascinato, diverso da Tokyo in tantissimi aspetti. Non saprei dirvi quale tra le due città mi sia piaciuta di più, sono troppo differenti. Kyoto è più serena, meno frenetica, nonostante sia grande e piena di gente. L'ho amata molto. 

Siamo quasi arrivati alla fine eh, anche se devo ancora raccontarvi delle mie gite partendo da Kyoto e due altre cosette. Resistete. 

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