mercoledì 29 luglio 2015

Viaggio a New York - ultima parte (forse)

Eccomi arrivata a raccontarvi i miei ultimi giorni nella Grande Mela.
Finalmente sono andata nel Greenwich Village. La meraviglia. Lo splendore. Quelle vie, quelle case. La voglia di guadagnare i miliardi solo per potermi permettere di vivere lì.

E poi lì c'è il palazzo di Friends! Lo so che lo usavano solo per le inquadrature esterne e che la serie è stata girata in studio credo a Los Angeles, ma lo stesso è stato bellissimo vederlo.
Altra tappa obbligatoria, la casa di Carrie di Sex and the City. Lì invece ci hanno girato davvero e la via (Perry Street) potrebbe vincere il premio "Strada più bella di Manhattan" senza troppi problemi. Tutte le case sono stupende. E gli alberi, il verde, i mattoni rossi... mancava solo la limousine di Mr. Big.

Ho continuato a girare un po' per il Village, ho guardato le vetrine dei bellissimi negozietti (soprattutto di super marche) e ho trovato la Magnolia Bakery originale (niente di che, a dire il vero).

Mi sono poi diretta verso il Chelsea Market per pranzare. Che cos'è il Chelsea Market? È un edificio che ospita una quantità importante di posti dove mangiare al piano terra, ma anche un mercatino, degli uffici, stazioni televisive. Credo ci sia anche YouTube. In passato era una fabbrica di biscotti dove sono stati inventati i famosi Oreo.

Insomma, dovevo scegliere cosa mangiare e non riuscivo a decidermi. Troppa scelta, troppa. Carne, pesce, panini, cinese, giapponese, aragoste, pizza, anche i tortelli di Giovanni Rana. Ho girato come una trottola per un bel po', finché non ho optato per un cous cous col salmone e una mini cheesecake ai mirtilli. E dove vai a mangiare se sei al Chelsea Market? Ma sulla High Line, ovviamente. Che è una vera figata.

Li vedete i binari?
È un parco sopraelevato costruito per riqualificare una linea della ferrovia in disuso molto brutta che stava per essere smantellata. La sua conversione in parco urbano è iniziata nel 2006 e dovrebbe essere stata completata nel 2014.
 
È lunga più di due chilometri e io ovviamente l'ho percorsa tutta, facendo circa un milione di foto. È tutto curatissimo e pulito, chi l'ha progettato è un vero genio. Ci sono panchine, moltissimi fiori, brandine di legno, spalti da cui osservare la città che continua a correre sotto, sculture moderne.







Ho preso un autobus per tornare verso Midtown perché ero stanca e cotta dal sole che batteva davvero forte. Che ingenua, io credevo che a New York non servisse la crema solare.

Ho girovagato un po' senza meta, ho visto la sede del New York Times (sempre per caso e da fuori), ho fatto merenda, ho girato ancora per la 5th avenue. Volevo aspettare il tramonto per chiudere in bellezza salendo sul Top of the Rock. Ovviamente si è messo a piovere. Dopo ha smesso, ma è rimasto comunque nuvoloso. Che delusione. Ma, a dire il vero, è stato abbastanza bello lo stesso. E, con "abbastanza bello" intendo "sono rimasta senza fiato".


E pensare che avevo deciso di non salirci neanche. Povera cretina. Sul Top of the Rock dovete salirci se andate a New York. Perché si vede l'Empire State Building. E si vede Central Park che da sopra l'Empire si nota appena. È stato uno dei momenti più fantastici della vacanza. Non riuscivo a smettere di sorridere, mi stava venendo una paresi.

Sono rimasta lassù un sacco di tempo, ho visto anche i fuochi d'artificio che stavano facendo sul ponte di Brooklyn! Non mi era mai capitato di guardare i fuochi così, erano molto più in basso rispetto a dov'ero io.
Insomma, la mia ultima sera è stata speciale.

Il giorno successivo ho fatto la valigia, poi ho girato un po' per negozi, sono stata al mercato di Union Square, infine sono tornata a Times Square per l'ultima volta. Mi sembrava giusto salutare.

Vi risparmierò il racconto dettagliato di me che scendo 5 piani di scale con due valigie di, rispettivamente, 21,5 e 8,8 chili, cammino cammino cammino fino alla metro, SBAGLIO INGRESSO e mi tocca rifare le scale sempre con le suddette valigie, trovo gente di buon cuore che mi aiuta ma mi vengono lo stesso le bolle sulle mani, poi, sudatissima, prendo la metro e muoio.
Ciao cameretta
Ho mangiato l'ultimo schifosissimo panino al JFK, ho visto un bellissimo tramonto e poi sono salita sull'aereo. Quando è decollato ho pianto un po'.

Ah, ma ci tornerò. Ci tornerò sicuramente. See you soon, New York City. È una promessa.

Potete trovare la prima parte qui, la seconda qui e la terza qui.

venerdì 24 luglio 2015

Viaggio a New York #3

Andiamo avanti col racconto (che temo non finirà nemmeno questa volta).
I giorni successivi ho provato a prendermela un po' più con calma, ma - SPOILER - non l'ho fatto.
Sono stata alla NYU e ho visto la Tisch (da fuori) e mi sono comprata una felpa a cui hanno lasciato su l'anti taccheggio e me ne sono accorta solo in aeroporto (qualcuno sa come toglierlo?).
Poi sono finita praticamente per caso al Rockefeller Center e la certezza è che ci tornerò d'inverno per poter pattinare su quella pista. 
Sempre per caso mi sono trovata davanti a Saks Fifth Avenue, ovviamente sono entrata ed altrettanto ovviamente non ho comprato nulla.
È stato poi il turno del MoMa. Erano anni che aspettavo di visitare quel museo. Da quando ho iniziato a studiare storia dell'arte al liceo e me ne sono innamorata. Lì c'è tutto. La notte stellata di Van Gogh, Les demoiselles d'Avignon di Picasso, le Marilyn e i barattoli Campbell di Warhol, La danza di Matisse, Mondrian, Braque. TUTTO. Tutto quello che non avevo ancora visto in Europa era lì. È stato fantastico. Peccato che ci fosse davvero troppo casino. Io vorrei che nei musei tutti fossero obbligati a parlare piano e a spegnere i cellulari. 
Ah, lo consigliano le guide, ma ve lo ripeto anche io: iniziate a visitarlo dall'alto. Le sale più importanti sono agli ultimi piani ed è meglio affrontarle per prime.
C'era anche una personale di Yoko Ono veramente, VERAMENTE strana. Ma l'arte contemporanea io faccio un po' fatica a capirla, è un mio limite.

Sono uscita e pioveva tantissimo. Il diluvio.
Ovviamente quella sera dovevo andare a Brodway a vedere un musical, Wicked
Sono arrivata al Gershwin Theatre zuppa.
Prima di partire non sapevo se prendere o meno il biglietto per lo spettacolo perché costa parecchio. Però alla fine ho ceduto e ho fatto benissimo. È  stato una meraviglia. Tre ore di spettacolo fantastico, effetti pazzeschi e gli artisti davvero impressionanti. Pare impossibile che rappresentino lo stesso musical tutti i giorni (a volte anche due volte al giorno) e riescano a lasciare comunque la gente a bocca aperta. Quando è finito il primo atto con "Defying Gravity" è venuto giù il teatro.
Quindi il mio consiglio è: comprate meno vestiti, ma andate a vedere uno spettacolo di Broadway.

Il giorno successivo sono andata al Museo Guggenheim. Le mostre al suo interno cambiano, ma mi pare di capire che sia sempre arte contemporanea (roba molto strana anche qui), a parte una sala dedicata agli impressionisti e una a Kandinsky che ovviamente era chiusa. Vale la pena andarci? Secondo me sì, anche solo per l'edificio in sé. Non mi sarei mai perdonata di non aver percorso tutta la sua spirale fino in cima. Vi conviene comunque informarvi bene sulle mostre che ci sono e valutare se volete o meno spendere 25 dollari per entrare. Comunque è compreso nel New York City Pass.
Nel pomeriggio sono andata un po' a zonzo sulla 5th avenue, sono entrata da FAO Schwarz, il famosissimo negozio di giocattoli (la cui sede verrà spostata a breve credo a Times Square) (sperando che non chiuda definitivamente) e ringrazio il cielo di non esserci stata da piccola, altrimenti avrei voluto TUTTO. C'erano case delle bambole da 2000 dollari. Orsacchiotti giganti. Unicorni. Barbie con la divisa di FAO Schwarz. Il paradiso insomma. 
Ho anche visto il famoso Apple Store, la Trump Tower, Tiffany.

Per cena ho deciso che volevo un altro hamburger di Shake Shack, quindi mi sono diretta verso Madison Square Park e sono finita in mezzo al gay pride. Ho ballato, ho saltato e mi hanno dato anche un po' di gadget. 
Mi sono girata e mi sono trovata davanti al Flatiron. Così, sbucato dal nulla. Da sotto sembra davvero piatto! Fa impressione.
Ho cenato in mezzo al parco con le lucine sugli alberi e gli scoiattoli che saltavano qua e là.
Il lunedì è stato il turno del ponte di Brooklyn, ovviamente attraversato a piedi urlando "Sono Miranda, dov'è il mio Steve?".
Ho girato un po' per Brooklyn e per il Brooklyn Bridge Park.

Poi ho preso l'East River Ferry e sono andata a Willamsburg, un posto hipsterissimo e decisamente più tranquillo di Manhattan. Stavano addirittura girando un film, purtroppo non ho capito quale.
Improvvisamente ho deciso di andare al Museo di Storia Naturale (anche questo compreso nel NYC pass) che, ovviamente, era dall'altra parte del mondo rispetto a dov'ero io. Ecco, non ho visto tantissimo, ma non mi ha convinto molto. ROSS GELLER, PERDONAMI! Forse non è proprio il mio genere.
Per finire in bellezza sono andata a Times Square, così, perché mi andava. 

Dai, concludiamo anche questa terza puntata. Qui la prima e qui la seconda. (Finirò prima o poi eh. Portate pazienza.)

mercoledì 22 luglio 2015

Da sola a New York #2

Il mio secondo giorno a New York mi sono diretta a Central Park. Immaginavo fosse grande, ma non pensavo fosse COSÌ grande. È immenso. Ci sono laghi, laghetti con le barche a remi, fontane, castelli, campi da baseball. E spose ovunque.





Ho visto Strawberry Fields dove c'era un ragazzo che suonava le canzoni dei Beatles con la chitarra. Ho visto tantissimi scoiattoli. E ho dormito un po' sdraiata sul prato.


Sono arrivata fino a circa metà del parco in lunghezza, ho raggiunto il Met e sono andata a visitarlo. No, non ho fatto la foto seduta sulle scale come Blair.
Il Metropolitan Museum of Art è immenso. Io mi sono diretta subito alla mostra China: Through the Looking Glass. Sì, proprio quella di Anna Wintour e alla cui inaugurazione c'era Rihanna vestita da frittata. Una meraviglia. Un meraviglia vera.

Poi ho ammirato gli impressionisti, ho visto una parte dell'esposizione riguardante l'arte giapponese, una mini mostra di Van Gogh. Bisogna porsi degli obiettivi precisi al Met, altrimenti ci si perde.

Uscita dal museo ho pensato bene di fare un saltino da Bloomingdale's, al cui interno c'è anche Magnolia Bakery. E vuoi non prendere un paio di cupcakes? Sì, sono buoni. Sì, sono burrosissimi.


Sono poi finita alla Gran Central Station. E mi sono sentita in un film.
Finalmente ho anche assaggiato il famoso hamburger di Shake Shack. Al riguardo dirò solo che dura troppo poco. Se passate per New York dovete andarci.
Il terzo giorno è stato un filino impegnativo.
Sveglia prestissimo per prendere il traghetto per Liberty Island in orario, pronta per salire su Lady Liberty. Io ho acquistato diversi mesi prima il biglietto, così sono riuscita a salire anche sulla corona. Attenzione, le scale sono davvero strette ed anguste, sia la salita che la discesa non sono semplicissime. Una volta arrivati su c'è pochissimo spazio, per questo i biglietti sono limitati.
Alcuni mi avevano detto di lasciar perdere la visita alla Statua della Libertà perché non ne valeva la pena. Io invece ve la consiglio. È vero, è più piccola di quanto ci si aspetti, paragonata anche ai grattacieli. Però è uno dei simboli della città e mi ha emozionato esserci salita.

Dentro alla corona

Una volta scesa ho ripreso il traghetto per Ellis Island, dove si trova il museo dell'immigrazione. Sfiga ha voluto che quasi tutti i reperti non fossero presenti a causa dell'uragano Sandy che nel 2012 ha provocato ingenti danni. La cosa simpaticissima è che ovunque giustificavano l'assenza dei reperti con "eh, sapete, non funziona la climatizzazione, la roba si rovina" e invece la temperatura era di -35. IL GELO. Comunque mi hanno fornito un'audioguida gratuita in italiano (come anche a Liberty Island) che mi ha spiegato come funzionava il processo di accoglienza degli immigrati che arrivavano a New York con la nave.


Tornata a Manhattan, mi sono diretta verso Wall Street (impossibile fotografare decentemente il toro, troppa gente).
Poi sono stata da Century 21, consigliato anche dalla Lonely Planet per i vestiti di super marche con grandi sconti. E ho comprato dei calzini. E basta. Non ce la posso fare in posti come quelli io, troppa roba, troppo casino.


Siccome non era ancora abbastanza, sono andata a Ground Zero.
L'emozione è stata tanta. Le due fontane che hanno costruito al posto delle Twin Towers distrutte sono impressionanti. Danno perfettamente l'idea di qualcosa che è lì per ricordare ciò che è successo ma trasmettono anche un senso di vuoto.


Lo staff del 9/11 Memorial mette quotidianamente una rosa bianca accanto ai nomi delle vittime che in quel giorno compiono gli anni

Il 9/11 Memorial & Museum è sotterraneo e ricostruisce tutto quello che è accaduto, ma soprattutto tiene viva la memoria di tutti quelli che l'11 settembre 2001 hanno perso la vita. In una zona in cui (giustamente) è vietato fare foto, le pareti sono coperte con i ritratti delle vittime e si sentono le voci registrate dei parenti che ricordano "my brother, my father, my daughter". Io ve lo dico, non ce l'ho fatta a rimanere in quella parte del Memorial per molto. Avevo un groppo in gola.
Il museo comunque è davvero immenso, ci ho messo più di due ore a vederlo tutto.

Una volta fuori ero leggermente stanchina, non so bene come ho fatto a tornare a casa.


Bene dai, facciamo finire anche questa seconda puntata. La prima la trovate qui.




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